PROGETTO EDUCAZIONE AFFETTIVA:
La sfida della complessità umana
Anche per quest’anno abbiamo avuto l’opportunità di proporre ai nostri ragazzi il percorso di Educazione all’Affettività offerto dal Consultorio La Famiglia di via Arese 18 e finanziato dalla Regione Lombardia. Gli incontri sono stati guidati da Loredana Zecchin, ostetrica, e da Francesca Rossi, psicologa le quali, coordinandosi con i docenti delle singole classi, hanno individuato percorsi adeguati alle dinamiche dei diversi gruppi e utili alla crescita dei ragazzi.
Avendo lavorato da molti anni in collaborazione con Loredana Zecchin, posso dire che il lavoro che finora ci ha proposto è un delicato tentativo entrare in punta di piedi nel mondo dei ragazzi. Se è vero che a una prima apparenza, i ragazzi sembrano volersi barricare nel mondo delle loro emozioni e del loro percepito, allo stesso tempo è altrettanto vero che, basta un piccolo spiraglio da cui tendere loro la mano, che emerge quanto in realtà i nostri ragazzi non vedano l’ora, non aspettino altro che un adulto possa entrare nel loro mondo e possa crescere con loro.
Il progetto si è declinato in 2 incontri da 2 ore ciascuno distribuiti tra il mese di gennaio e febbraio.
In ogni classe, in seguito ad una condivisione ed un confronto fra i ragazzi, è stato proposto un incontro esperienziale volto ad approfondire diversi temi.
Nelle Prime Medie i ragazzi sono stati accompagnati a riconoscere le loro emozioni e a trovare strumenti per provare a ascoltarle e a poterle comunicare. Durante l’ascolto di musiche con melodie e timbri differenti, sono stati invitati a rappresentare attraverso il disegno le emozioni provate. Sono poi passati all’ascolto di una storia di cui loro dovevano scrivere la conclusione.
Nel lavoro è emersa molta cautela da parte dei ragazzi nell’entrare in relazione con le proprie emozioni, questo mette in luce quanto abbiano bisogno di essere accompagnati ad entrare in questo mondo. Nel lavoro di condivisione hanno però scoperto che possono aiutarsi tra loro nella gestione delle emozioni.
Nelle Seconde Medie è stata messa a tema la relazione tra i pari; quanto ho bisogno di mostrarmi in un certo modo per apparire? Come prendo il coraggio di manifestare come mi sento e cosa penso? Come capire di chi mi posso fidare?
Sono state proposte due attività a coppie. La prima era il gioco dello specchio: i due personaggi della coppia, messi l’uno di fronte all’altro, dovevano muoversi facendo esattamente le stesse mosse dell’altro, le osservazioni condivise dopo il gioco hanno portato a galla una riflessione interessante su quanto gioca l’emulazione dell’altro all’interno di una relazione.
Nella seconda attività, i personaggi della coppia, entrambi bendati, dovevano camminare sorreggendo insieme lo stesso bastoncino utilizzando l’indice dalle estremità opposte. Le osservazioni su questo gioco hanno messo in luce quanto sia importante in una relazione prendere iniziativa e quanto sia un moto quasi inconsapevole, ma necessario, poter seguire l’altro e fidarsi.
Nelle Terze Medie ci si è interrogati su cosa accade a una donna e cosa accade a un uomo nella relazione. È stata data ai ragazzi la scelta degli argomenti da approfondire, avendo come obiettivo quello di accompagnarli a scoprire la bellezza della complessità umana.
Nel porre le cosiddette “domande segrete” i ragazzi hanno mostrato di saper cogliere un’occasione utile per sé. Fidandosi infatti dell’adulto non hanno avuto paura o vergogna di porre domande circa il funzionamento di sé e del proprio corpo.
Nel dialogo tra gli adulti, in occasione della restituzione del lavoro, è emerso che a livello generale tra i ragazzi emerge un aspetto di sofferenza non detta, ci tengono molto ad essere precisi e partecipi, ma si tengono dentro la loro sofferenza emotiva. Si è suggerito ai genitori il canale della domanda come aiuto utile all’apertura. La domanda però non va intesa come il “cosa hai fatto oggi?” ma il “come sei stato oggi, come stai?”. Pertanto, i genitori hanno il compito di vivere l’emozione con i ragazzi, ciò non vuol dire avere la fretta di dare loro la soluzione, ma accompagnarli nell’emozione e soprattutto ascoltarli. È importante che i ragazzi si sentano autorizzati a sentirsi in un modo piuttosto che in un altro.
Occorrono quindi adulti che non abbiano paura della propria umanità per poter guardare a fondo l’umanità dei ragazzi che, pur colorandosi a tratti di tinte grevi o non propriamente comode, necessita non solo di essere abbracciata e valorizzata, ma necessita anche di trovare un significato.
È bello scoprire di non essere da soli in questa sfida. La scuola infatti invita le famiglie a prendere posizione e i genitori rispondono desiderosi di una compagnia. L’incontro di restituzione ne è stato un esempio: a fronte del racconto di Loredana e Francesca, non sono mancate da parte dei genitori domande e manifestazioni di gratitudine per l’occasione di condivisione e lavoro insieme.