Il monachesimo benedettino nella vita di ieri e di oggi e l’abbazia di Chiaravalle
Perché studiamo la storia “sul campo”?
Molte cose che riguardano il nostro presente hanno origine in quella civiltà dei monasteri che trasformò la vita dell’intera Europa, incidendo anche sugli usi della nostra vita quotidiana. Su questo argomento i testi dello scrittore Leo Moulin, sono ricchi di gustose curiosità.

Perché non sta bene bere con la bocca piena? Perché ci si pulisce con il tovagliolo prima di accostare il bicchiere alla bocca? Nei primi anni del monachesimo, il cibo offerto ai religiosi dalla pietà dei fedeli (da cui il termine pietanza) era servito in un solo piatto e la bevanda in un solo bicchiere. Era quindi comprensibile che nascessero delle norme di vita comune, come il pulirsi la bocca con la salvietta (mentre fino ad allora ci si puliva, se andava bene, con la manica del vestito). Queste ed altre buone norme come l’uso della tovaglia, la sequenza dei cibi, la cortesia e le norme di comportamento a tavola, validi anche oggi, non nacquero nelle raffinate corti rinascimentali, come potremmo immaginare, ma nell’alto medioevo, da molti considerato erroneamente un’epoca di barbarie.
E da dove vengono i nomi dei pasti? La parola Colazione deriva dal pasto leggero (pane inzuppato in un po’ di vino) fatto dai monaci nei giorni di digiuno, subito dopo la lettura delle Collationes (conferenze spirituali). Breakfast deriva da “rompere” (to break) il digiuno (fast), perché in certi periodi di digiuno i monaci non potevano bere nemmeno un bicchiere d’acqua fuori pasto e mangiavano una sola volta al giorno. E il francese diner o déjeuner lo spagnolo desajuno (in italiano desinare) derivano dal medesimo concetto di “rompere il digiuno”, dal latino disjunare.
Sono solo piccoli e limitati esempi di quanto ci leghi al monachesimo medievale, che ci ha tramandato parole, usi, invenzioni, consuetudini, oltre a monumenti di straordinaria bellezza.
Alcuni giorni fa abbiamo scoperto come l’abbazia di Chiaravalle, così vicina alla nostra scuola, sia ancora oggi un luogo vivo, che racconta, e testimonia, gli ideali e i valori della vita quotidiana secondo San Benedetto. Abbiamo visitato la chiesa e il chiostro, scoperto i loro simboli e ammirato la bellezza di tante opere d’arte. Abbiamo anche incontrato un monaco che ci ha raccontato di sé.
Studiare la storia visitando i luoghi dove i monaci hanno vissuto e vivono ancora oggi, percepire le temperature, la luce, l’ombra e il profumo di quei luoghi, abitare gli spazi, osservare e provare a riprodurre le architetture è un modo affascinante di imparare.
La visita al mulino di Chiaravalle ci ha svelato l’intraprendenza tecnologica che è sempre stata alla base del fenomeno monastico. Abbiamo così potuto constatare come la regola dell’“ora et labora”, abbia creato davvero una civiltà, donando speranza, regalando bellezza, ma anche trasformando la cultura gli usi, la vita sociale ed economica delle nostre terre.